Si è vero. Quando uno riesce ad innescare il proprio processo creativo, dopo sta meglio. Ma attenti, è questione di attimi, perchè poi la sfida va rinegoziata, i serbatoi della curiosità vanno di nuovo riempiti, per non creare quel ristagno pericoloso che si chiama frustrazione. Frustrazione per non averci provato, per non averci creduto, per non essere riusciti o per non essersi accorti di aver cambiato direzione o peggio di non averne alcuna.
In un tempo in cui l’incapacità di assumersi la responsabilità delle proprie scelte e del proprio ruolo nella rete sociale che ci siamo costruiti intorno la fa davvero da padrona, il ruolo del creativo è duplice: innanzi tutto non arrendersi a ciò che sembra ineluttabile e poi, più importante, raccontare. Spiegare, trasmettere il gioco dell’entusiasmo. Seguire le farfalle dell’immaginazione, trasformarle in un’idea possibile e forse poi in un progetto.
Non arrendiamoci al brutto, al cattivo, all’ignorante. Ricordiamoci che ognuno di noi ha una responsabilità enorme agli occhi di chi lo guarda e ancora, dare alle proprie parole dei fatti che comprovino le nostre intenzioni non è più un dettaglio.