Per dirvi che poteva andare meglio, ma che poteva andare anche molto peggio. Per dirvi grazie e per dirvi di tenere sempre il rock and roll appàlla. È stato un anno intenso, strano, lungo, doloroso a tratti e sorprendente, sempre. Un anno che ci ha messo di fronte a tutti i nostri limiti e pure alle nostre capacità. Ne usciremo migliori? Non lo so. Ne usciremo più forti? Forse, ma la speranza e di uscirne cambiati, motivati e più appassionati. Buon ventiventuno, così umilmente, toccando ferro per non sbagliare, che ancora ci sono 20 giorni… e vuoi mai!
Ah. Ne volete uno? 50 pezzi. 15 già andati. In via urbino n.8, a Pesaro.
Storie di brand identity: qui di seguito la presentazione di un marchio particolare, nato anche grazie ai ragazzi di happennino che nel creare relazioni hanno fatto incontrare una guida e un disegnatore con un passato comune e due ingredienti fondamentali: la curiosità e la fiducia nelle altrui competenze. Così nasce il nuovo brand per GLOCAL GUIDES.
il nuovo brand
Ci sono una serie di elementi che concorrono alla costituzione di questo marchio delle GLOCAL GUIDES. Qui di seguito proverò a raccontarli contestualizzando poi le scelte fatte. Correndo il rischio di essere banale ribadisco alcuni concetti basilari: Un marchio, per essere tale, deve possedere doti di riproducibilità date dalla sua struttura grafica, deve proporsi come figura/marca riconoscibile e originale perchè la sua presenza sia conferma e individuazione di un’impresa. In ultimo, esso deve possedere degli elementi che siano in grado di confermare e rafforzare il racconto d’impresa.
Gli elementi usati sono:
La freccia, il simbolo per eccellenza” nella sua versione del “turn back” un classico nella segnaletica dedicata alle strade e ai sentieri che è normalmente associata ad un’idea di “dover tornare indietro” quindi vissuto spesso come elemento “negativo”. In questa proposta diventa positiva e stabile (compie un giro dall’alto verso il basso in senso anti orario andando a comporre una “doppia” lettera G maiuscola, in una forma circolare e stabile. Altro elemento è la forma di contenimento: uno scudo rovesciato (quindi una forma di origine araldica) che diventa porta o finestra, un elemento simbolico fortissimo che è al contempo casa (entrando) o scoperta (uscendo) ed ha nella sua forma la cornice di una visione in cui inserire altri input.
Questa forma di “porta” classica richiama un altro ambito molto legato al mondo delle guide, dei parchi, dell’outdoor e della vita all’aria aperta, ovvero la patch, il distintivo spesso in tessuto ricamato, che sebbene abbia avuto ampia notorietà nel mondo militare, vive frequentemente il mondo scout e quello escursionistico, ovvero tutti i comparti dove necessitano delle “uniformi” o dei simboli ed un abbigliamento tecnico con segni leggibili e distintivi. I colori, sebbene presi dal mondo della natura, sono stati usati con una certa libertà perchè in questo caso non ci necessita vincolare la forma con un’idea di abbinamento ai colori troppo aziendali, mentre può essere molto più interessante l’ipotesi che anche i colori possano raccontare le stagioni e gli elementi della natura, ovvero la ragione stessa per cui può essere necessario avere una guida esperta e preparata
In ultimo il lettering: Per l’isotipo e il logotipo ho usato un INTEGRAL di Connery Fagan, un font super bold costruito su forma quadrata, estremamente leggibile e coerente con l’idea di stabilità che questo marchio deve comunicare.
Il marchio GLOCAL GUIDES non nasce per un esperienza legata al “solo” mondo naturale. La Guida per definizione può muoversi negli spazi urbani come quelli selvaggi o naturali mantenendo immutata la propria funzione.
guida/guì·da/ sostantivo femminile
Funzione direttiva esplicata lungo un percorso o verso una meta materiale o ideale. “adarsi alla g. di una persona esperta”
2. Persona cui è attribuito o riconosciuto il compito di indicare ad altri la via da seguire.”Dante elegge Virgilio a propria g.”
Eccoci qua, chiudiamo con un anteprima del set di 10 poster per il progetto Garage73. Un omaggio ad una serie di mezzi mitici, ritratti come lord inglesi: la mini, il ford pick up, l’honda monkey, il volvone 240, il land rover, la dodge monaco, il suzukino, lo scout harvest e il mitico beetle. Spero vi piacciano, da settembre saranno disponibili su ordinazione in formato 35×50, 50×70 o 70×100 e in autunno, ad essere bravi bravi, disponibili anche nel nuovo store (non cercatelo, è in allestimento).
Si è soliti pensare che il brand sia “solo” un logo, un elemento esteticamente gradevole per abbellire l’insegna della propria attività ma il mondo dell’identità di marca (brand identity) è molto più complesso, sottile e determinante nel successo di un’impresa.
Il naming. Trovare il giusto nome per la propria attività prevede già una progettazione complessa poiché al tuo nome verrà associata la tua reputazione professionale, ma anche lo stile di quel nome e della marca visiva che sceglierai la determineranno, e andare fuori fuoco in questi casi, è molto facile.
Lo stile grafico. Le parole hanno suono e forma. Ogni parola varia il suo significato e la sua forza a seconda di come la si veste, un po’ come una parola sussurrata o urlata: MAIUSCOLO, minuscolo, corsivo, light o bold, piccola o grande la parola assume l’identità di marca come logotipo, spesso accompagnata ad una piccola descrizione (slogan o pay-off).
Con Farcita (un progetto molto “avanti” in terra pesarese) provammo a rappresentare un’attività di bottega derivata da uno street food tipicamente inglese, la baked potato, nobilitato però da ingredienti ricercati e ben assortiti in un contesto di self service per coperti e bibite, proprio in zona mare. Il lettering callligrafico derivato da uno stile tipo-grafico molto in voga in Italia negli anni ’40 e ’50 (periodo in cui anche fare insegne era considerato un’arte fondamentale) è sinuoso, elegante ma forte e ben leggibile, mentre il pay-off strizza l’occhio all’aspetto più commerciale. La scelta del nome è venuta dopo un lungo ragionamento che ci ha portato a scegliere di usare la parola che aiuta a descrivere la baked potato in italiano: <È una patata farcita cotta al forno!”. Farcita è una parola breve ed incisiva con un bel sound scandito in 3 tempi: Far/ci/ta. Facile da ricordare e chiara per comprendere o descrivere la storia.
Peccato, poiché il locale ha avuto storia breve, ma le variabili per il successo di un’attività sono diverse e non sempre favorevoli.
Grazie alla relazione con Officine Creative Marchigiane, abbiamo stretto una collaborazione con la nascente associazione dei Ristoratori del centro storico della città, con il fine di garantire una comunicazione coordinata per tutti gli eventi che il gruppo organizza con la collaborazione della pro loco locale.
La scelta “di rottura” è un’immagine pulita, evocativa e forse un po’ romantica, in contrasto con la comunicazione dei grandi eventi che la città ospita. La flat illustration trova giustizia in questi utilizzi in cui, il target e la “statura” dell’evento devono essere chiari.
La relazione con Peter è nata nel 2008. Cercava uno bravo a disegnare t-shirt. Gli fecero il mio nome. Ci incontrammo in un bar di Casinina, quasi un ufficio di posta in mezzo al west, ma in salsa fogliense. In dieci anni la nostra relazione è stata davvero intensa, a tratti burrascosa. Ci siamo presi e lasciati poichè agli opposti su troppe cose. Ma alla fine la voglia di disegnare magliette ci ha riavvicinato. saggezza? Mah. Ma sta di fatto che nel 2018 sono diverse le grafiche nel suo catalogo su cui ho messo la firma. Roba da intenditori, credo. Ecco i link. #fuckthebank
Farina è la pizzeria di Pesaro. Può sembrare presuntuoso e forse lo è, ma sta di fatto che difficilmente un pesarese non la conosca. Paolo Severi ha investito, fidandosi, su una comunicazione che ha vestito un progetto preciso. Naming, brand, illustrazioni, comunicazione e copy. Una serie di azioni condivise che hanno fatto si che Farina abbia imparato a far parlare di se.
Durso Gelati è una piccola bottega di gelateria artigianale a Pesaro. Nata con il brand in franchising “Puro e Bio” che il suo proprietario non ha esitato ad abbandonare per dare una nuova identità al suo progetto. Follia? Forse. Come far pagare la panna montata. Ma andate ad assaggiare “l’antidepressivo” in barattolo, poi mi direte. Dietro a questo marchio c’è una filosofia, ci sono impegno e ricerca e voglia di innovare. Forse Fabiano D’Urso è un Don Chisciotte, ma fidatevi, abbiamo bisogno di sogni.