La pandemia ha cambiato le carte in tavola indubbiamente, per molti è diventata l’alibi per mascherare progetti fragili, crisi già insistenti e pure fallimenti conclamati. Ha svelato fuffe e potenziali ed è stata (speriamo) la surfata del secolo, dove tra cadere e restare sull’onda, la differenza la fanno l’esperienza, la reputazione ma soprattutto una dose abbondante di culo.
Questo 2020 mi ha visto di nuovo in gioco in ambito di scelte strategiche in ambito professionale, nuovi percorsi, sperimentazioni, recuperi, nuovi team su cui investire e un nuovo luogo in cui farlo. Ho caricato molto, moltissimo, ma del resto l’ho sempre fatto, credo. Chi semina raccoglie sempre. Voglio essere orgoglioso di ciò che produco, ma soprattuto del come mi pongo nel farlo. Non sono state tutte rose e oggi più che mai viaggio nella consapevolezza che la mia capacità da sola non basta, che sbaglio ancora troppo, ma che ho la capacità di apprendere dagli altri e di costruire buone relazioni.
Insomma, via così, da vero rookie, grazie di cuore a tutti quelli che ci credono come me, ci vediamo fuori dalla prossima curva, gas a martello.
Questo è uno di quei progetti che mi era rimasto davvero sullo stomaco. Un potenziale enorme, nato e cresciuto nel modo giusto e poi -puff!- dimenticato in qualche scatolone. La mia storia con i produttori del Bianchello del Metauro (unicità della valle che si estende dall’appennino al mare fanese) nasce qualche anno fa grazie a Luca Avenanti di Terracruda e Mattia Marcantoni de il Conventino, che mi vollero coinvolto in un progetto di “consorzio” dei rustici e prudenti produttori del vino che fece impazzire pure i Cartaginesi. A coordinare il tutto un’instancabile Sara Bracci, purtroppo non più tra noi, oltre ad un insondabile IMT (Istituto Marchigiano di tutela vini).
Il progetto era lineare: mettere i produttori su una info mappa che potesse raccontare cos’è e dov’è la Valle del Metauro, un territorio intriso di valori unici, ancora troppo poco conosciuto al mondo, forse un po’ anche per la gelosia di chi vuole preservare la propria terra da nuove invasioni. Insieme a loro, in quella mappa, un marchio che desse una faccia a questa identità consorziale.
Portammo a casa tutto, mappa e marchio (uno dei miei preferiti) ma poi il progetto non decollò, nonostante una distribuzione via rivista di settore. Non c’è nulla di più fastidioso per un “disegnatore di idee” che vedere un’ottima idea morire insabbiata tra dubbi, diffidenze e cecità politica. Correva l’anno 2013.
Asdrubale
Una telefonata.
Un bel giorno, sul sentiero italia proprio sopra la massa trabaria, mi arriva una chiamata: “ma la mappa del Bianchello l’avevi disegnata tu?”. La faccio breve. In pochi mesi il progetto è stato totalmente ricostruito da zero. Con il coordinamento di Silvia Veroli della Camera di Commercio Marche, il rinato progetto prevede un ottimo sito web curato da Omnia Comunicazione (www.bianchellodelmetauro.it) e la nuova mappa, un prodotto EXMAPS™, la “mia” nuova creatura.
Mappa completamente ridisegnata dal sottoscritto, rivista nei contenuti sviluppata con il supporto di Nico Polidori, con la trasposizione su mappa web, grazie al supporto di Luca Barbadoro, abile domatore di tecnologie open street map e QGIS.
Credo sia davvero un ottimo lavoro poichè nella versione web troverete ulteriori contenuti audio ad arricchire il tutto: storie scritte da Silvia Veroli e recitate dal prof. Giorgio Donini. (disponibili anche sulla pagina you tube di came com Marche) A primavera anche la versione cartacea della mappa vedrà la luce, non appena questo periodo strano ci permetterà di usarla come si deve.
il restyling del marchio
Questo sarà un ottimo progetto di storytelling ragionato e basato su realtà che ne daranno ulteriore valore, il resto lo dovete fare voi venendoci a trovare!
Alessia Morelli non è un’igienista dentale come le altre. A dire il vero non è mi era mai capitato di incontrarne una che mi chiedesse una t-shirt graphic a mo’ di strumento per promuovere i contenuti del proprio lavoro. Ma andiamo per gradi: innanzi tutto il suo nickname è #trentaduedenti e già questo dettaglio dovrebbe farvi capire che siamo ben lontani dalla norma. Trentaduedenti è una dichiarazione, è il modo in cui lei prende contatto ed è anche il vantaggio che inevitabilmente porterai a casa affidandoti alle sue cure. Ma nel suo mood c’è quello di sorridere e di divulgare, ben conscia del fatto che un’igienista dentale è un ruolo per i più, davvero indefinito. E allora ecco il claim: ADOTTA UN’IGIENISTA DENTALE. Chevvelodicoaffà. Andate a cercarla sul digital –> youtube + instagram + web
Nel casino di queste settimane dense di progetti che riaffiorano, si incrociano, si sovrappongono mi ero completamente dimenticato di pubblicare questa illustrazione vettoriale dedicata ai 10 anni di Far Impresa Edile. Ovviamente la scelta del furgone “pimpato” è stata definita perchè il soggetto somigliasse al Far, che dell’impresa è capo e lavoratore. Il ford transit 1971supervan è un esperimento di cui potete leggere qui, la base è un transit del ’64, se non ricordo male, con la giunta di un V8 di una GT40. Io ci ho aggiunto un po’ di colore, un po’ di adesivi e una tavola da surf. Questo disegno entrerà a far parte del progetto “garage73” di cui avete già intravisto qualcosa, ma insomma, non posso dirvi sempre tutto tutto.
La buona notizia? Abbiamo fatto anche le t-shirt. La cattiva Ne sono rimaste 5.
È stato un periodo molto intenso di disegno e di scrittura. Grazie a due lavori in particolare, ho potuto sperimentare l’illustrazione digitale con iPad e Adobe Fresco. Il primo lavoro legato a un progetto di Filo Local Contardi (uno dei Rookie) che finisce di cui dovrà rimanere il giusto tributo e il secondo, un nuovo marchio, che mi ha impegnato parecchio in fase di sviluppo del concept. Entrambi saranno presentati nelle prossime settimane. Ho così re-introdotto il disegno “a mano” (e non quello vettoriale”) nei miei lavori. Qui di seguito vi mostro uno dei bozzetti che non è stato scelto, ma che in qualche modo deve comunque uscire per fare il suo lavoro di raccontare un luogo e forse le sensazioni che quel luogo richiama. Non aggiungo altro, spero vi piaccia.
A volte prevale lo scoramento. Ci sono momenti in cui davvero mi viene da pensare che con questo genere umano non ce la possiamo fare: la burocrazia, il governo ladro, il meglio quando era peggio, i ladroni, i maledetti, gli approfittatori e via discorrendo insomma. Ecco. In uno di quei momenti è nata questa grafica. Si, lo so, la mia amica Francesca Faedi (astrofisca e scopritrice di pianeti) mi ha detto che non è possibile che un giorno qualcuno di più illuminato di noi venga a invaderci per governarci meglio, ma a volte la speranza è un ottimo alimentatore di ottimismo. Poi l’idea infantile che una navetta spaziale una volta o l’altra mi aspiri il cane con un fascio luminoso per capire se l’essere intelligente è lui o sono io mi fa bene alla creatività.
Insomma, non è un segreto: trovare i giusti ingredienti e sposarli insieme nelle giuste dosi, con i giusti tempi non è cosa di tutti. Eppure la condizione che si crea è fondamentale per chi come me è alla continua ricerca di stimoli e confronti con le persone che guardano alle cose “con gli occhi degli innamorati” (cit. Filippo Polidori). Avere argomenti, saperli trasmettere, costruire progettualità sono i grandi temi che ci accompagneranno nei prossimi mesi e ne prossimi anni. Competenze, comunicazione, capacità di lavorare in team e immaginazione sono gli strumenti fondamentali per chi vuole costruire un futuro possibile nella propria professione, soprattutto se legata al proprio territorio di riferimento.
In questa edizione di Happennino ancora una volta abbiamo avuto la possibilità di vivere tutto ciò, in maniera molto reale e oserei dire con sano ottimismo. Difficile riassumere tutto, certe cose davvero vanno vissute, ma una cosa che ho imparato ve la voglio passare ed è una parola (a cui prima o poi darò la giusta forma grafica)
È una parola dialettale, una di quelle che per spiegarla in italiano non trovi il termine giusto. Da una breve ricerca ne ho trovate tracce anche in altri dialetti, ma il succo non cambia. Non è un’esclamazione ma un affermazione che non ammette repliche. C’è una variante in forma di “velata” minaccia (t’arbàlt’) ma non è il nostro caso. La situazione happennino ha fatto si che, in un contesto magico come quello di una corte nel centro storico di Mercatello sul Metauro (provincia di Pesaro Urbino, sulla strada che da Urbania va verso la Massa Trabaria) all’assaggio di una focaccia con la cipolla dello chef Roberto Dormicchi in arte TrigliaDiBosco in tandem con un bicchiere di Campodarchi di Terracruda e una ricotta di Cau & Spada qualcuno abbia sentenziato: “Arbàlta.” Applauso a scena aperta, sipario!
arbàlta
Chi c’era:
I ragazzi di Happennino, Wonder Grottole, Mente Nomade, Vittoria di Terracruda. Emilio di Cau & Spada, Roberto “triglia di bosco”, il direttore di Lonely Planet Italia, Vanity Fair, Vasco Feligini di Glocal Guides”, Agnese di Gentil Verde, Filippo Polidori di Polidori & partners, I Briganti di Cerreto e tante tante persone curiose.
Sembra un fuori tema, ma in realtà coltivare le proprie passioni è un fattore fondamentale per tenere pieni gli archivi dell’immaginazione. In questo settembre ho incontrato i ragazzi di va’Sentiero (guardatevi il loro sito!) e di Happennino, due realtà fantastiche su cui punto molto.
Quindi: perchè si cammina?
Lasciamo da parte l’aspetto ovvio della salute. Camminare fa bene. Mantiene il fisico in condizione ottimale e porta a cercare un’alimentazione equilibrata in linea con l’esercizio: essenziale, stagionale e ragionata.
Camminare con lo zaino in spalla è un esercizio d’essenzialità. Poche cose con te. Per coprirti, dormire, mangiare, magari prendere appunti. Nulla che ti costringa ad un attacco “elettrico”. Esiste solo una regola: porta ciò che le tue spalle riescono a sostenere. Camminare in compagnia è un laboratorio sociale. Ci si dividono i “pesi in comune”, si tiene il passo del più lento, ci si lascia prendere dalle altrui meraviglie, la stanchezza sgrassa il surplus e lascia l’essenza del dialogo, la voglia sana di comunicare, ci regala il tempo di conoscere meglio chi ci sta accanto.
Per questo la scelta dei compagni di viaggio è fondamentale. Camminare può mettere in crisi, quando lo zaino diventa più pesante. La lentezza del cammino dovrebbe essere un corso di laurea. Concede il tempo e spazio per osservare le cose attorno a te e di pensare liberamente. La lentezza ossigena il cervello e i pensieri, anche quelli più pesanti.
Il cammino è un’esperienza unica che ti insegna e ti fa vedere cose che altrimenti non potresti mai vedere, figuriamoci apprezzarle. Ma per camminare ci vuole un motivo, il tesoro dei pirati, la vetta dello scalatore, la meta per il giocatore di rugby. Vi racconto i miei sull’appennino e sul Sentiero Italia.
Le foreste.
Camminare nelle foreste è una magia. Migliaia di storie ascoltate hanno come elemento comune la foresta, c’è quella millenaria del Casentino (marche, toscana e romagna) che porta con se stupori e timori legati a sentimenti atavici dell’uomo, che della foresta si è alimentato, protetto, difeso e che poi tristemente ha distrutto e abbandonato.
I monasteri.
Il S.I .collima per un lungo tratto dell’italia centrale con il GEA, Grande Escursione Appenninica e con il cammino di San Francesco, lungo il quale si trovano monasteri che sono luoghi che ti avvicinano se non a Dio, sicuramente alla terra e al cielo. tra gli altri quello della Verna, immerso nelle foreste già citate del Casentino e un’altra lunga serie di cui alcuni abitati ed alcuni in cerca di un custode, come l’Eremo di Cerbaiolo (1216), appoggiato su una gigantesca roccia, che lo affaccia sull’umbria e la toscana.vicino a Pieve Santo Stefano. Un luogo mistico.
Le persone.
Quelle che sono con te.Quelle che ti vedono attraversare i loro luoghi, con un misto di curiosità e diffidenza. Che ti riempiono la borraccia se le fonti sono asciutte e ti indicano cose che una cartina non potrebbe mostrarti. Quelle che incontri sul e che pur non conoscendole sai che condividi con loro un sacco di cose importanti. Accoglienza, condivisione, confronto diventano elementi concreti e non parole vacque con chui sciaquarsi la bocca.
I luoghi.
Bellissimi, misteriosi, organizzati (come il museo del diario) abbandonati, curati, costruiti da mani che non conoscerai mai. Tettoie che ti offriranno un riparo dalla pioggia, un fazzoletto di prato in cui montare la tenda o dove stendere il sacco a pelo e vedere uno dei più belli spettacoli della natura: il cielo stellato. Insomma, l’appennino camminato è una continua scoperta di storie, non ultima il passaggio di Leonardo sul passo sopra a Lamoli per curiosare dei segreti della tinta blu. Quindi camminare stanca, rilassa, educa e seleziona. È un atto fisico che fa cultura se si impara a guardare oltre a quello che si vede.
Alcuni di questi scorci faranno parte del set di poster “Lungo La Strada”.
Storie di brand identity: qui di seguito la presentazione di un marchio particolare, nato anche grazie ai ragazzi di happennino che nel creare relazioni hanno fatto incontrare una guida e un disegnatore con un passato comune e due ingredienti fondamentali: la curiosità e la fiducia nelle altrui competenze. Così nasce il nuovo brand per GLOCAL GUIDES.
il nuovo brand
Ci sono una serie di elementi che concorrono alla costituzione di questo marchio delle GLOCAL GUIDES. Qui di seguito proverò a raccontarli contestualizzando poi le scelte fatte. Correndo il rischio di essere banale ribadisco alcuni concetti basilari: Un marchio, per essere tale, deve possedere doti di riproducibilità date dalla sua struttura grafica, deve proporsi come figura/marca riconoscibile e originale perchè la sua presenza sia conferma e individuazione di un’impresa. In ultimo, esso deve possedere degli elementi che siano in grado di confermare e rafforzare il racconto d’impresa.
Gli elementi usati sono:
La freccia, il simbolo per eccellenza” nella sua versione del “turn back” un classico nella segnaletica dedicata alle strade e ai sentieri che è normalmente associata ad un’idea di “dover tornare indietro” quindi vissuto spesso come elemento “negativo”. In questa proposta diventa positiva e stabile (compie un giro dall’alto verso il basso in senso anti orario andando a comporre una “doppia” lettera G maiuscola, in una forma circolare e stabile. Altro elemento è la forma di contenimento: uno scudo rovesciato (quindi una forma di origine araldica) che diventa porta o finestra, un elemento simbolico fortissimo che è al contempo casa (entrando) o scoperta (uscendo) ed ha nella sua forma la cornice di una visione in cui inserire altri input.
Questa forma di “porta” classica richiama un altro ambito molto legato al mondo delle guide, dei parchi, dell’outdoor e della vita all’aria aperta, ovvero la patch, il distintivo spesso in tessuto ricamato, che sebbene abbia avuto ampia notorietà nel mondo militare, vive frequentemente il mondo scout e quello escursionistico, ovvero tutti i comparti dove necessitano delle “uniformi” o dei simboli ed un abbigliamento tecnico con segni leggibili e distintivi. I colori, sebbene presi dal mondo della natura, sono stati usati con una certa libertà perchè in questo caso non ci necessita vincolare la forma con un’idea di abbinamento ai colori troppo aziendali, mentre può essere molto più interessante l’ipotesi che anche i colori possano raccontare le stagioni e gli elementi della natura, ovvero la ragione stessa per cui può essere necessario avere una guida esperta e preparata
In ultimo il lettering: Per l’isotipo e il logotipo ho usato un INTEGRAL di Connery Fagan, un font super bold costruito su forma quadrata, estremamente leggibile e coerente con l’idea di stabilità che questo marchio deve comunicare.
Il marchio GLOCAL GUIDES non nasce per un esperienza legata al “solo” mondo naturale. La Guida per definizione può muoversi negli spazi urbani come quelli selvaggi o naturali mantenendo immutata la propria funzione.
guida/guì·da/ sostantivo femminile
Funzione direttiva esplicata lungo un percorso o verso una meta materiale o ideale. “adarsi alla g. di una persona esperta”
2. Persona cui è attribuito o riconosciuto il compito di indicare ad altri la via da seguire.”Dante elegge Virgilio a propria g.”
The Blues Brothers, una pellicola del 1980 vista per la prima volta da bambino al cinema Ducale di Urbino. Uno di quei rari film che ti offre qualcosa ad ogni età da cui lo osservi. John Belushi e Dan Arkroyd, una coppia dello spettacolo, una miscela perfetta nella tradizione delle coppie di cui non capisci mai bene chi è la spalla di chi. I co-protagonisti del film? Una lista di musicisti e guest stars da mettere paura a qualsiasi mega produzione hollywoodiana. Un film che somiglia alla storia che racconta. L’incrocio di stili e l’ironia di una comicità all’americana che ci manca davvero? La cometa Belushi? Una storia di rivincita e talento da spaccare i cuori, seppur politicamente scorretta nei modi. Il fenomeno dei fratelli Blues nato ben prima del film? La dodge monaco “modificata” della polizia targata BDR 529 ILL scambiata con la “Cady”? I ray-ban più venduti della storia? Un film che oggi è anche storia del costume, della musica e della grafica anni 80. C’è da perdersi.
Insomma. Non se ne viene fuori e come sempre accade per i propri miti (e questa storia mito lo è) riuscire a mettere su carta qualcosa di sensato non è facile. Nel progetto Garage73 non poteva mancare la Dodge Monaco della Polizia che da simbolo del massimo machismo americano diventa, divelte le sirene e strappati gli stemmi, il simbolo della purezza della missione, della rivolta, della vera giusta causa e della disobbedienza quando necessaria.
Allora ho voluto ritrarla così. Fuori dal carcere di Joliet, in attesa che i Fratelli Blues si ricongiungano, all’inizio di un poema epico cavalleresco in salsa blues. Non potevo non lanciare questo poster sui BB proprio oggi, una calda domenica di agosto in cui a Pesaro, in piazza del Popolo, proietteranno il film in versione rimasterizzata e integrale, con intervista in diretta da Los Angeles, con John Landis, regista di questa pellicola ed altre mitiche. Credo sia la 200esima volta che lo rivedo, per dire.
Non sarà l’unico poster in cui tratterò il tema, sia chiaro. È un film troppo ricco per non ricavarne almeno un trittico. Questo poster sarà disponibile in formato 35×50, 50×70, 70×100 e 100×140.