Inoki.

C’è stato un tempo in cui per vedere programmi tv d’oltreoceano ci si doveva affidare a improbabili reti regionali a 32 bit che trasmettevano show ripresi -pare oggi- con le telecamere di sicurezza tanto erano imprecise e fuori registro. Poi italia 1 vide il potenziale di quello strano circo e con Dan Peterson numero uno, sparò tutto in prime time. Lì conobbi il catch giapponese con dei lottatori acrobati incredibili dai nomi impronunciabili, tra loro c’era Antonio Inoki, un gentleman in mezzo ad una marmaglia di occhi a mandorla e improbabili cattivi: Abdullah the butcher, Baba, Andrè the Giant, Hulk Cogan e naturalmente Tiger Mask. O erano brutti, o erano maràgli o entrambe le cose, con i loro mutandoni fiammeggianti e le maschere che univano sacro e profano senza nessun ritegno. Ma Inoki, no. Capello moderatamente rockabilly, slippone e stivale nero, un mento infinito e portamento da vendere. Un gentleman che non ebbe timore a confrontarsi con Cassius Clay, per dire. Il catch aveva un decoro, un rigore, una tecnica ed uno stile che il wrestling americano ha ovviamente dimenticato, ma tant’è. Se siete curiosi, youtube ha un sacco di materiale.

Pane al pane.

Due nuovi marchi con due volatili “ad alto valore simbolico”. La colomba de “il fornaio pasticciere” di Pesaro e il colibrì arcobaleno per “Rainbow odv” l’associazione di mioccuggino Ivan Galli che da anni si occupa della scolarizzazione e della socializzazione dei bimbi del Myanmar, un’area dilaniata da un colpo di Stato infinito. Perché si muore anche fuori dal main stream.

In questo periodo è molto difficile per me disegnare identità visive, trovare la massima sintesi visiva di una narrazione relativa ad un’attività, per quanto piccola e per quanto lontana da una guerra, ad esempio. La confusione e lo smarrimento, lo sgomento e un crescente senso di impotenza non giocano a favore. Ma il mio è un lavoro da artigiano che deve portare dei nuovi segni nella città, possibilmente con mano felice e nella speranza che quei dettagli possano essere un buon veicolo di comunicazione per le cose che succedono. Il buon pane del Fornaio Pasticciere e le attività di Ivan lo sono, ad esempio.

Per la definizione del logo del fornaio sono state fondamentali la testa gentile di Nico Polidori e la perseveranza di Sara Caiazza, perché le cose belle si fanno con le persone belle.

Time, please!

“Porca miseria. Se non rientriamo nei tempi normali qui è un casino!”

Averne avuto a disposizione (di tempo) mi ha permesso di sistemare due o tre còsette che avevo lì da tempo: BE CYCLE IS GOOD, GARAGE73, DINOS INDA WOOD, THE TRIP (nome provvisorio) che presto (…) vi farò vedere. Tutti progetti pensati per far lavorare un po’ centinaia di disegnetti fermi lì negli hard disk.

Poi naturalmente il nuovo sito di ROOKIE FARM INC (andate a vedere!!), il progetto LUNGO LA STRADA e ancora EXMAPS, poi i CENTRI D’AGGREGAZIONE GIOVANILE e l’ ISTITUTO COMPRENSIVO OLIVIERI DI PESARO, NUMEROTRE™ e via via. Tanta roba.

Lo racconto spesso, essere un creativo è un mestiere impegnativo, ogni biz che ti viene in mente deve prendere quel minimo di forma per capire se quel segno possa avere un futuro o no. Devo dire la verità, la mia indole d’artista sta un po’ prendendo il sopravvento su quella del “professionista” ma tant’è, la natura non può essere ostacolata, ci si deve convivere con rispetto. Il mio mestiere sta virando verso il design dei progetti, a cui poi mi presto spesso come disegnatore grafico, progetti di sviluppo in cui la capacità di comunicare bene è un aspetto sempre più fondamentale. Che dire? Procediamo.