Se il cibo è buono la gente torna, se l’oste è simpatico la gente torna, se si sta bene la gente torna, se racconti una storia credibile la gente torna. Se tutto questo c’è, serve un buon brand per non farlo più scordare.


















































































Se il cibo è buono la gente torna, se l’oste è simpatico la gente torna, se si sta bene la gente torna, se racconti una storia credibile la gente torna. Se tutto questo c’è, serve un buon brand per non farlo più scordare.
Dietro questa “banale” domanda c’è un mondo di agitazione per chi fa il creativo nel mondo della comunicazione, perché le t-shirt, più di ogni altra cosa in grafica, il sistema più forte per comunicarsi, ovvero per esprimere con un graphic design ciò che sei e ciò che vorresti comunicare. Disegnare un nuovo visual o riproporre il proprio brand (elemento di identità importantissimo) pone il designer di fronte ad una serie di domande: Funzionerà? Piacerà? Venderà? Esprime abbastanza me stesso? E via via discorrendo. L’unico modo -per quanto mi riguarda- è vedere le cose che ho in mente, visualizzarle così da non doverle immaginare e basta, ma confrontarle, soppesarle, valutarle e se serve, e serve quasi sempre, scartarle.
Re-branding e identità visiva di uno dei locali più interessanti di Pesaro. Ecco qualche immagine, vi piace?
È stato un periodo molto intenso di disegno e di scrittura. Grazie a due lavori in particolare, ho potuto sperimentare l’illustrazione digitale con iPad e Adobe Fresco. Il primo lavoro legato a un progetto di Filo Local Contardi (uno dei Rookie) che finisce di cui dovrà rimanere il giusto tributo e il secondo, un nuovo marchio, che mi ha impegnato parecchio in fase di sviluppo del concept. Entrambi saranno presentati nelle prossime settimane. Ho così re-introdotto il disegno “a mano” (e non quello vettoriale”) nei miei lavori. Qui di seguito vi mostro uno dei bozzetti che non è stato scelto, ma che in qualche modo deve comunque uscire per fare il suo lavoro di raccontare un luogo e forse le sensazioni che quel luogo richiama. Non aggiungo altro, spero vi piaccia.
Ci sono una serie di elementi che concorrono alla costituzione di questo marchio delle GLOCAL GUIDES. Qui di seguito proverò a raccontarli contestualizzando poi le scelte fatte. Correndo il rischio di essere banale ribadisco alcuni concetti basilari: Un marchio, per essere tale, deve possedere doti di riproducibilità date dalla sua struttura grafica, deve proporsi come figura/marca riconoscibile e originale perchè la sua presenza sia conferma e individuazione di un’impresa. In ultimo, esso deve possedere degli elementi che siano in grado di confermare e rafforzare il racconto d’impresa.
Gli elementi usati sono:
La freccia, il simbolo per eccellenza” nella sua versione del “turn back” un classico nella segnaletica dedicata alle strade e ai sentieri che è normalmente associata ad un’idea di “dover tornare indietro” quindi vissuto spesso come elemento “negativo”. In questa proposta diventa positiva e stabile (compie un giro dall’alto verso il basso in senso anti orario andando a comporre una “doppia” lettera G maiuscola, in una forma circolare e stabile. Altro elemento è la forma di contenimento: uno scudo rovesciato (quindi una forma di origine araldica) che diventa porta o finestra, un elemento simbolico fortissimo che è al contempo casa (entrando) o scoperta (uscendo) ed ha nella sua forma la cornice di una visione in cui inserire altri input.
Questa forma di “porta” classica richiama un altro ambito molto legato al mondo delle guide, dei parchi, dell’outdoor e della vita all’aria aperta, ovvero la patch, il distintivo spesso in tessuto ricamato, che sebbene abbia avuto ampia notorietà nel mondo militare, vive frequentemente il mondo scout e quello escursionistico, ovvero tutti i comparti dove necessitano delle “uniformi” o dei simboli ed un abbigliamento tecnico con segni leggibili e distintivi. I colori, sebbene presi dal mondo della natura, sono stati usati con una certa libertà perchè in questo caso non ci necessita vincolare la forma con un’idea di abbinamento ai colori troppo aziendali, mentre può essere molto più interessante l’ipotesi che anche i colori possano raccontare le stagioni e gli elementi della natura, ovvero la ragione stessa per cui può essere necessario avere una guida esperta e preparata
In ultimo il lettering: Per l’isotipo e il logotipo ho usato un INTEGRAL di Connery Fagan, un font super bold costruito su forma quadrata, estremamente leggibile e coerente con l’idea di stabilità che questo marchio deve comunicare.
Il marchio GLOCAL GUIDES non nasce per un esperienza legata al “solo” mondo naturale. La Guida per definizione può muoversi negli spazi urbani come quelli selvaggi o naturali mantenendo immutata la propria funzione.
guida /guì·da/ sostantivo femminile
2. Persona cui è attribuito o riconosciuto il compito di indicare ad altri la via da seguire.”Dante elegge Virgilio a propria g.”
Eh, ma quante ne volete sapere. Piano piano vi spieghiamo tutto. Intanto però ecco 5 frames con le nuove t-shirts by Rookie Farm Inc. Per saperne di più seguiteci qui, idem se volete ordinarne una! (I tre Bruti siamo noi, la Rookie Farm Inc.)
Si è soliti pensare che il brand sia “solo” un logo, un elemento esteticamente gradevole per abbellire l’insegna della propria attività ma il mondo dell’identità di marca (brand identity) è molto più complesso, sottile e determinante nel successo di un’impresa.
Il naming. Trovare il giusto nome per la propria attività prevede già una progettazione complessa poiché al tuo nome verrà associata la tua reputazione professionale, ma anche lo stile di quel nome e della marca visiva che sceglierai la determineranno, e andare fuori fuoco in questi casi, è molto facile.
Lo stile grafico. Le parole hanno suono e forma. Ogni parola varia il suo significato e la sua forza a seconda di come la si veste, un po’ come una parola sussurrata o urlata: MAIUSCOLO, minuscolo, corsivo, light o bold, piccola o grande la parola assume l’identità di marca come logotipo, spesso accompagnata ad una piccola descrizione (slogan o pay-off).
Con Farcita (un progetto molto “avanti” in terra pesarese) provammo a rappresentare un’attività di bottega derivata da uno street food tipicamente inglese, la baked potato, nobilitato però da ingredienti ricercati e ben assortiti in un contesto di self service per coperti e bibite, proprio in zona mare. Il lettering callligrafico derivato da uno stile tipo-grafico molto in voga in Italia negli anni ’40 e ’50 (periodo in cui anche fare insegne era considerato un’arte fondamentale) è sinuoso, elegante ma forte e ben leggibile, mentre il pay-off strizza l’occhio all’aspetto più commerciale. La scelta del nome è venuta dopo un lungo ragionamento che ci ha portato a scegliere di usare la parola che aiuta a descrivere la baked potato in italiano: <È una patata farcita cotta al forno!”. Farcita è una parola breve ed incisiva con un bel sound scandito in 3 tempi: Far/ci/ta. Facile da ricordare e chiara per comprendere o descrivere la storia.
Peccato, poiché il locale ha avuto storia breve, ma le variabili per il successo di un’attività sono diverse e non sempre favorevoli.
Sia chiaro. Disegnare caratteri é un altro mestiere. Ma un lettering é possibile, soprattutto quando la necessità é quella di trovare le giuste forme per raccontare un tuo cliente. Ingemar “el rubio” Girolomoni é un professionista nel mondo delle attività che riguardano la cura di un corpo d’atleta (body mechanics) e anche molto altro a dire il vero, andate a cercarvi un po’ di info, se volete.
Qui la questione era rappresentare bene il suo nome con un personal brand che parlasse chiaro agli atleti di crossfit e di tutte le discipline sportive che richiedono un’estrema cura nella preparazione psico fisica.
Nel mondo delle palestre si usano lettere stencil molto muscolari, spesso provenienti dal mondo militare, che in realtà però hanno origini nel mondo del lavoro e del trasporto, scritte che potessero essere verniciate con delle maschere e un barattolo di colore. Anche la Bauhaus curò un carattere stencil (Joschmi) progettato da Joost Schmidt, per dire.
Ecco “ingemar” il lettering per comporre il personal brand di Inge. Vi piace?
Siamo pieni di idee. ci servirebbe un VANDURA dei primi anni ’80 per tenerle su tutte. Ma in questo momento dobbiamo stare fermi, aspettare e nell’aspettare le cose migliori da fare sono immaginare, progettare e studiare. Mettere a fuoco idee che saltano dentro troppo i cassetti, imparare un paio di tecniche nuove, allenarsi su quelle in cui va già tranquillo.
Quando “il corona” mollerà sarà tutto diverso, potrebbe essere una grande occasione, chissà… ma intanto, aspettando, prepariamoci. Non facciamoci trovare impreparati.
L’esperienza del fare, ovvero di quel momento che segue i ben più esplosivi momenti dell’ideazione e poi, quello della creazione di un’idea, è in assoluto il momento più complesso, anche se l’oggetto in questione è SOLO una bicicletta elettrica. Quando l’idea diventa oggetto, il tempo rallenta e i problemi tecnici sostituiscono quelli creativi. Le misure e i pesi sostituiscono gli schizzi e le possibilità. Chi ha pensato deve confrontarsi con chi “sa fare” per mantenere la giusta tensione di un’identità creativa che diventi “cosa”.
La Sberla™ sta per diventare reale. Entrare nella fase della verifica, nel mercato. Piacerà? Funzionerà nel background in cui l’abbiamo immaginata noi della Rookie Farm Inc? e nella concretezza con cui i ragazzi di Bicidesign l’hanno costruita?
Personalmente posso dire che è un progetto puro, nato da un trio di amici, ma pure di competenze. Persone che sanno riconoscere le proprie forze e i propri limiti. Persone curiose, attente, semplici con la voglia di “stare” sulle cose soprattutto se hanno le ruote o se sono in cotone stampato. La Sberla™ e la Rookie Farm Inc. sono prodotti tipici.