Inoki.

C’è stato un tempo in cui per vedere programmi tv d’oltreoceano ci si doveva affidare a improbabili reti regionali a 32 bit che trasmettevano show ripresi -pare oggi- con le telecamere di sicurezza tanto erano imprecise e fuori registro. Poi italia 1 vide il potenziale di quello strano circo e con Dan Peterson numero uno, sparò tutto in prime time. Lì conobbi il catch giapponese con dei lottatori acrobati incredibili dai nomi impronunciabili, tra loro c’era Antonio Inoki, un gentleman in mezzo ad una marmaglia di occhi a mandorla e improbabili cattivi: Abdullah the butcher, Baba, Andrè the Giant, Hulk Cogan e naturalmente Tiger Mask. O erano brutti, o erano maràgli o entrambe le cose, con i loro mutandoni fiammeggianti e le maschere che univano sacro e profano senza nessun ritegno. Ma Inoki, no. Capello moderatamente rockabilly, slippone e stivale nero, un mento infinito e portamento da vendere. Un gentleman che non ebbe timore a confrontarsi con Cassius Clay, per dire. Il catch aveva un decoro, un rigore, una tecnica ed uno stile che il wrestling americano ha ovviamente dimenticato, ma tant’è. Se siete curiosi, youtube ha un sacco di materiale.

Dall’alto.

Ho pensato a lungo se farlo. Poi mi sono detto che in questo periodo di cose troppo brutte, una briciola di bellezza non può certo far male e poi , a una certa, devi ascoltare la pancia e andare. Oggi Pesaro è stata proclamata Capitale della Cultura 2024, una grande opportunità in un momento orribile, perché solo la cultura potrà salvarci da questa nebbia di cattiveria, di ipocrisia e di presunzione.

La cultura è un valore che la treccani definisce ” l’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio.” (qui trovate il resto)

Credo che la cultura sia anche amore per ciò che impari a riconoscere come essenziale e l’esigenza che ne consegue di trasmettere ad altri quel “bello” che ci circonda o meglio ancora di permettere ad altri di aumentare quel patrimonio che permea tutto… “quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società”.

Daniele Tagliolini per esempio era così, sapeva riconoscere la cultura e anche le persone che grazie al suo supporto avrebbero potuto raccontarla. Daniele se n’è andato troppo presto ma ci ha lasciato un modello che noi possiamo e dobbiamo imitare per continuare su quella strada che dev’essere lastricata di cultura e non solo di buone intenzioni e che ha bisogno dell’opera di tutti noi che restiamo.

La cultura è quella luce estiva del tramonto che ammorbidisce i colori dopo una giornata di calura, ma è anche una persona che ha trovato il suo ruolo nel mondo… tanta roba.

Lungo la Strada è uno di quei progetti in cui aveva visto qualcosa, qualcosa che neppure lo stesso autore e sottoscritto aveva potuto immaginare. Tutto doveva iniziare al Peglio, a casa sua. E allora il mio impegno e che da lì cominci e ora che guardo la torre campanaria che avevo disegnato un paio d’anni fa, mi accorgo che quell’omino che sale la scala per prendere la luna con le mani mi ricorda qualcuno.

Ciao Daniele.

Arbàlta.

Insomma, non è un segreto: trovare i giusti ingredienti e sposarli insieme nelle giuste dosi, con i giusti tempi non è cosa di tutti. Eppure la condizione che si crea è fondamentale per chi come me è alla continua ricerca di stimoli e confronti con le persone che guardano alle cose “con gli occhi degli innamorati” (cit. Filippo Polidori). Avere argomenti, saperli trasmettere, costruire progettualità sono i grandi temi che ci accompagneranno nei prossimi mesi e ne prossimi anni. Competenze, comunicazione, capacità di lavorare in team e immaginazione sono gli strumenti fondamentali per chi vuole costruire un futuro possibile nella propria professione, soprattutto se legata al proprio territorio di riferimento.

In questa edizione di Happennino ancora una volta abbiamo avuto la possibilità di vivere tutto ciò, in maniera molto reale e oserei dire con sano ottimismo. Difficile riassumere tutto, certe cose davvero vanno vissute, ma una cosa che ho imparato ve la voglio passare ed è una parola (a cui prima o poi darò la giusta forma grafica)

È una parola dialettale, una di quelle che per spiegarla in italiano non trovi il termine giusto. Da una breve ricerca ne ho trovate tracce anche in altri dialetti, ma il succo non cambia. Non è un’esclamazione ma un affermazione che non ammette repliche. C’è una variante in forma di “velata” minaccia (t’arbàlt’) ma non è il nostro caso. La situazione happennino ha fatto si che, in un contesto magico come quello di una corte nel centro storico di Mercatello sul Metauro (provincia di Pesaro Urbino, sulla strada che da Urbania va verso la Massa Trabaria) all’assaggio di una focaccia con la cipolla dello chef Roberto Dormicchi in arte TrigliaDiBosco in tandem con un bicchiere di Campodarchi di Terracruda e una ricotta di Cau & Spada qualcuno abbia sentenziato: “Arbàlta.” Applauso a scena aperta, sipario!

arbàlta

Chi c’era:

I ragazzi di Happennino, Wonder Grottole, Mente Nomade, Vittoria di Terracruda. Emilio di Cau & Spada, Roberto “triglia di bosco”, il direttore di Lonely Planet Italia, Vanity Fair, Vasco Feligini di Glocal Guides”, Agnese di Gentil Verde, Filippo Polidori di Polidori & partners, I Briganti di Cerreto e tante tante persone curiose.

Garage73 – design dept.

Garage73 design dept è uno dei progetti a cui sto lavorando in questo periodo. Una raccolta organizzata delle mie “macchinine” che credo per altro siano state i primi soggetti in assoluto dei miei esordi da disegnatore. Complice anche il lock down, ho rimesso mano a decine di disegni delle mie auto del cuore, o meglio, quelle che secondo me hanno segnato il mio immaginario, inserendole in dei contesti e in associazione con altri mezzi mitologici. A ogni mezzo appartiene una piccola storia che cercherò di raccontarvi perchè la necessità di raffigurare ha sempre piccole radici interessanti da scoprire. l risultati avranno forma di poster, t-shirt e altre chicche, tutte rigorosamente in tiratura limitata.

Ci saranno il maggiolino vw, la mini, il land rover, il ford pick up e altri pezzi da ’90.

(in foto, la mitica gippina del Local, una suzuki sj 410, con gli immancabili surf per la sua free school per neofiti. Probabilmente c’è anche lo skate, ma non si vede e sopra la Sberla™ il prototipo di una e-bike super vintage a cui stiamo lavorando da un po’ di mesi)

Il pensatore.

Se vi va, nelle prossime settimane vi racconterò qualcosa relativamente a due grandi temi: la comunicazione e il processo creativo, percorsi troppo spesso legati solo a chi fa mestieri artistici o creativi ma che in realtà riguardano tutti noi, sin dalla più tenera età poiché, questi”processi”, ci servono a trovare soluzioni, a costruirci delle opinioni e a comunicare. Ma soprattutto ci servono a stimolare la nostra curiosità e quindi ad imparare a fidarci del nostro intuito che diventerà il collante per unire elementi nuovi o esistenti raccolti o recepiti e ci permetterà di visualizzare buone soluzioni. La comunicazione, va da se, ha radici molto antiche, quasi quanto l’uomo e la sua necessità di identificarsi e di raccontarsi.

Con una forma pop e molto accessibile proverò a raccontarvi ciò che so in queste materie e vedrete, scopriremo cose molto interessanti.

I motivi per cui lo faccio sono due. Il primo è che raccontare il dietro alle quinte della mia professione credo sia molto più interessante che vedere dei “lavori” finiti e far capire che il vero lavoro di un visual designer non é saper disegnare, ma é saper osservare, raccontare e poi, alla fine, mettere “su carta”.

Il secondo motivo é che la creatività é di tutti, se ne sei consapevole la puoi allenare, se la alleni acquisisci ossigeno e fiducia. Un creativo é un pensatore e ognuno di noi, che sappia disegnare o meno, è in pensatore e ha bisogno di costruire delle soluzioni, delle risposte.

“la creatività come capacità di unire elementi preesistenti in combinazioni nuove, che siano utili” Henri Poincoré, matematico.

Lungo la strada, poster set n.1

poster set n.1

Le prime copie del primo set del progetto sono in stampa. Un progetto coltivato per molto tempo prende forma di poster “da casa” ma prossimamente vedrà sviluppi interessanti nel racconto qualificato del nostro entroterra. Lo farà con tipico.tips, con happennino e con una collaborazione di cui ancora non posso svelare i dettagli. Il set si arricchirà di nuovi elementi e nuovi scorci che potrete notare solo se, lungo la strada, vi fermerete un attimo ad osservare.

Per info e ordini: cristianoandreani1973@gmail.com

Fuck Tr*mp.

Poster 50×70

Chi fà comunicazione dovrebbe prendersi la responsabilità di dire bene ciò che pensa. Anche se il pensiero é semplice, come in questo caso. Grande visibilità, Grande responsabilità. Ogni gesto, ogni parola dovrebbero essere commisurate dal presidente di una delle più grandi nazioni del mondo. Invece no, il più grande cafone della terra dà spettacolo e viene imitato anche dai mediocri nostrani.

Fuck, Mr. president.

Quando finisce un progetto?

Questa mattina mi sono svegliato con questa domanda in testa. Quando finisce un progetto? Siccome “sto’gnurande” mi sono andato a cercare il significato della parola “progetto”, una parola che mi piace tanto, ma alla quale, nel dubbio, ho voluto dare una rispolverata ( la trovate in fondo). Premetto che queste sono considerazioni e non hanno pretesa di essere verità assolute.

Allora.

Un progetto finisce quando ha esaurito la sua necessità. È il caso migliore. Si è portato a casa il risultato e del progetto rimane un percorso, che potrebbe essere raccontato, magari replicato ma che comunque ha accresciuto le esperienze di chi ci stava dentro.

Un progetto finisce quando non ci siano più i presupposti per poterlo far proseguire. Questi presupposti possono essere di ordine diverso: l’obiettivo non è più sostenibile a livello economico o umano; sono cambiate le condizioni ambientali; non è più utile allo scopo; è stato snaturato o ne sono state cambiate le traiettorie senza la condivisione di tutto il gruppo di lavoro; oppure finisce -trasformandosi in altro- per una semplice mancanza di fiducia nelle proprie o altrui capacità. Un progetto finisce se vengono a mancare le motivazioni o peggio, se non ci sono le competenze, questo é certo.

La mia visione del progetto è sempre stata legata ad un concetto fondamentale: insieme all’obiettivo ufficiale (la meta) ci deve sempre essere un investimento e una crescita per il capitale umano investito. Il tessuto di incontri, competenze, relazioni (il percorso) è quel valore che resterà comunque a prescindere che si arrivi o meno a vederla, quella meta.

Il mio spassionato consiglio è quello quindi di capire in che ruolo tu debba giocare la partita con l’obiettivo duplice di vincere (se possibile) e di crescere (fondamentale). Se poi ci si diverte pure… Bingo.

Cri.

progetto/pro·gèt·to/sostantivo maschile

  1. Ideazione per lo più accompagnata da uno studio relativo alle possibilità di attuazione o di esecuzione.”un p. di nuove costruzioni”
  2. Il complesso degli elaborati tecnici relativi ad un’opera da costruire.”il p. del nuovo acquedotto”
  3. In filosofia, nel pensiero di M. Heidegger (1889-1976), e in generale nelle filosofie di indirizzo esistenziale, modo di essere dell’uomo, che anticipa le proprie possibilità e perviene alla comprensione delle strutture del mondo.
  4. In pedagogia: metodo dei progetti, metodo didattico attivo, che orienta tutta l’attività scolastica verso un piano di lavoro intrapreso volontariamente e in comune dagli alunni.