Vintage vectors

Continua la quarantena e continuo a riaprire vecchi files a cui cerco di dare una rinfrescatina. 6 frames che inquadrano 6 momenti ben precisi. Il carretto americano dell’hotmilk garage. Non l’avevo e quindi lo disegnai, un oggetto mitico visto solo nei film americani, l’inizio della carriera di un wheeler in salsa USA. Bellissimo. La boccetta della salsa piccante di ElectricaSalsa, un progetto che non ce la fece, dedicato almondo delle icone che comunque ho continuato a disegnare, per fortuna. Il triciclo, l’inizio in salsa Bella Italia. Il giglio Chil disegnato per gli scout del c.n.g.e.i. a rappresentare il gruppo di comunicazione che rivoluzionò per un periodo la comuniczione cartacea dell’associazione. Il plurilame di zerokw, il primo tentativo di agenzia. Anche qui il succo è rimasto. In ultimo la Camaro dell’Hotmilk Garage, la stampammo sulle shopper per comunicare il prossimo trasloco. Uno dei tanti, non l’ultimo. Il prossimo, non appena questa quarantena si concluderà.

Isacco, l’amico che ti sorride sempre!

Era nato come un gioco, un piccolo autofinanziamento per i boys scout. Un modo simpatico per “spillare” due soldi pro campi estivi.

L’idea era: una matrice semplice ma accattivante in stile un po’ monster jappo; un valore espresso (porta bene! ti sorride sempre, anche nelle difficoltà) non da classico porta fortuna ma più stile “sostegno” a prescindere; un nome atìpico (Isacco!) e una buona occasione per rispolverare in combo l’arte del cucito e il buon costume del recupero dei vecchi tessuti.

Hotmilk for Spankies

Marcellino in “1973”

Nel 2009, con il progetto Hotmilk, io e Peter G. Criscione (Jhonny Rapina n.d.r.) facemmo diverse sperimentazioni, una di quelle si chiamava HOTMILK FOR SPANKIES (latte bollente per piccole pesti), una linea di t-shirt dedicate ai più piccoli. Ebbero un notevole successo, chissà perchè.

Hot Rods ne abbiamo?

Entrare nei miei archivi digitali è davvero un’esperienza notevole. Primo, ho scarsa memoria di ciò che ho fatto (questa è roba di una quindicina di anni fa). Secondo, il digitale non ha dimensione , non ha peso, e la sua porta di ingresso è larga quanto una presa USB. Il rischio di perdere e di dimenticare è davvero troppo grosso. Terzo, considerazioni di questi giorni, disegnare “le macchinine” è forse la passione più durevole del mio percorso di disegnatore. Sarà un segno? Quarto, gli stili! Mi perdo negli stili. Ancora oggi non ho capito bene cosa mi porti a saltar di palo in frasca.

A un metro di distanza.

Stop. Te vòoi bèn …mo’ sta ‘la larga!.

Incredibile come una cosa apparentemente invisibile possa modificare profondamente le nostre abitudini e le nostre priorità. In un momento delicato come questo credo che la comunicazione giochi un ruolo fondamentale, soprattutto quando la si gestisce male. Ci accorgiamo che ciò che ritenevamo scontato diventa un lusso, come toccarsi, abbracciarsi, condividere la stessa aria. Quindi ho provato a sintetizzare così: “Stop. Ti voglio bene, ma stai alla larga!” Un modo pop per prendere le distanze in senso positivo… non per togliersi dalla “lotta” ma per starci con delle regole.

Dai, ce la possiamo fare.